La stretta di mano si è ritirata da anni. E col tempo ha un aspetto barbarico. Con un paio di tocchi del dito si fa tutto. C'è da meditare sulla foto e sulle frasette. Innanzitutto sulla loro superficialità. La conversazione si produce ed esaurisce per necessità in una miriade d'intermezzi. Ma il lavoro più duro per gli incalliti è che la miriade risulti non tanto omogenea, quanto simile a un ripetersi di messaggi sempre identici a se stessi.
Una volta capitò a chi scrive di voler impelagarsi in una rivista on line di bacino universitario, qualcosa di infra facoltà. Fu contattato colui che il linguaggio comune di questi tempi denominerebbe 'responsasbile di progetto'. E costui fornì le notizie necessarie per collaborare. La comunicazione non avvenne per telefono o ad un bar. Avvenne via e-mail. Quando poi chi scrive avviò un'intensificazione della corrispondenza per precisare la sua progettualità, ebbe una risposta a cui non seguì più alcun rapporto collaborativo. Nessun'altra comunicazione. Nulla. Nella risposta il responsabile evidenziava la civiltà del mezzo informatico nella corrispondenza, caratterizzato proprio dal fatto che il destinatario di un messaggio può leggere e rispondere quando ritiene più opportuno, con l'implicita considerazione per cui telefonarsi, ad esempio, costringe i due interlocutori ad un dialogo che magari in un momento preciso della giornata potrebbe pure venire a noia.
Un qualcosa da dire rimane dunque nemmeno in sospeso, ma nella condizione simile a quella di un oggetto lanciato con destinazione soltanto eventuale. Una palla a cui qualcuno ha dato un calcio, che rotola fra l'atrio e il cortile di un palazzo, ma a cui non segue necessariamente una partita, o una serie di palleggi disinteressati. Non segue perché non deve seguire, quasi per protocollo. Poiché è civile che sia così. Giusto così, insomma. E potrebbe anche andar bene, se non fosse che la partita così non viene più giocata!
Passando dalla mail ai social, questa specie di galateo si ritrova ancora. Anzi, forse si aggrava. Chi vai a cercare su Facebook se non prima di tutto gente che conosci già? Sono frequenti i ripescaggi fra vecchi conoscenti o fra gente che non si incontra di presenza da una vita. Ma a che fine? L'esperienza insegna che dopo l'ammissione dell'altro nella lista, molto spesso, non seguono più nemmeno i saluti che a fine Novecento sarebbero stati di rito. Anzi, potrebbe anche darsi che il solo fatto di inviare un saluto sia interpretato come mancanza di avere altro da fare.
E insomma, quì il bisticcio semantico preme, e perché non dargli libero sfogo? L'altro ha il suo altro da fare, o almeno sa di doverlo far credere. E tentando di uscire dal bisticcio ma inevitabilmente rimanendovi invischiati, l'altro, così, rimane più altro che mai. Altro che Lacan. Via! Rimani là! Quando capita, ci si rivede!
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